10 ottobre 2007

[QEV] - Sulla Perseveranza della Fede

Resto sempre sorpreso da come molti cristiani approccino alle Scritture sulla base di preconcetti, di una sorta di credenze comuni che impediscono di cogliere il nocciolo vero della questione.
Porto ad esempio il passo di Vangelo della scorsa domenica (Lc 17,5-10) che riporto integralmente come fosse - ed in effetti lo è - un'opera d'arte:

Gli apostoli dissero al Signore:
«Aumenta la nostra fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola?
Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu?
Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».


In una lunga e ripetitiva omelia mi è stato sottolineato che si tratta di un monito a non calare d'intensità nella Fede, perché altrimenti si rischia di essere servi inutili, mentre aumentando la Fede si compiono prodigi.
Probabilmente chi la legge così pensa che a Gesù mancasse qualche sinapsi.

Io penserei la stessa cosa di chi, alla mia richiesta "Aumenta la mia Fede", mi rispondesse che è opportuno mantenere alta l'intensità della Fede.
Se è questa la Verità che è presentata ai credenti l'allontanamento dalla Chiesa mi sembra scontato.

Provo a dare la mia interpretazione di questo passo: non che la ritenga incontrovertibile, ma si tratta almeno di un abbozzo di ricerca personale e non di una Verità acquisita per "sentito dire".

Se Gesù aveva tutte le sinapsi a posto da qualche parte in questo Vangelo deve esserci la risposta alla richiesta di maggior Fede.

C'entra qualcosa la riflessione sul rapporto servo-padrone di Hegeliana memoria?
Si parla di un padrone che richiama un servo dalle fatiche diurne e gli chiede un ulteriore servizio, ovvero la preparazione del pasto al padrone.
Il padrone sa che il servo è stanco ed affamato, eppure NON prova senso di colpa nel chiedergli di preparare e servire il pasto, poiché la mansione del servo è il servizio.
Allora deve essere questa la strada per (ri)costruire la Fede: la perserveranza del servizio, a dispetto di ogni difficoltà e ritrosia.

Non è mai superfluo sottolineare come secoli di battaglie contro la schiavitù abbiano cambiato l'accezione della parola "servo" rispetto a quella in uso duemila anni fa.
Per questo è opportuno ritornare sugli argomenti del post
http://quidveritas.blogspot.com/2007/09/economia-del-bene.html

Il servo è amministratore, che, in questo contesto, amministra la Grazia.
Il servo inutile è colui che si lascia investire dalla Grazia di Dio ma è incapace di distribuirla agli altri - come chi riceve un talento e lo sotterra anziché investirlo (
Mt 25,14-30).
Da ciò discende che aumentiamo la nostra Fede amministrando la Grazia con perseveranza ed anche nelle occasioni sfavorevoli, anche quando è più semplice e comodo sotterrare i talenti anziché investirli
.

Se fossimo capaci di redistribuire con perseveranza la Grazia, allora ci accorgeremmo che il Bene operato ritorna moltiplicato, come per i talenti quando vengono investiti correttamente.
Questo è il più grande dei miracoli, ben superiore ad ordinare ad un gelso


"Sii sradicato e trapiantato nel mare",
ed esso vi ascolterebbe

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