28 novembre 2010

[WV] Lettere dall'entroterra

C'ho messo un po' a capirlo, poi ci sono arrivato: Genova è entroterra.

Non basta la cornice per fare il quadro, né basta il porto per dire una città "di Mare".

Semplicemente, a un certo punto della sua storia, Genova ha deciso di voler somigliare di più a Torino e a Milano; aspirante velina, voleva essere anche lei capitale del Nord.
Allora ha deciso di strapparsi il Mare.

Non come si strappa un foglio scarabocchiato, però.
Come si strappano le lettere scritte da adolescenti, piuttosto.


Visualizzazione ingrandita della mappa

Un porto chiuso come un cerchio, dal quale entrano ed escono navi chissà con quali acrobazie, magari saltando la scogliera come nella scena finale di Free Willy.
Da Foce a Fiumara una strada sopraelevata che esclude il porto dal resto della città, nascondendolo tra i pilastri giganti ed i guard rail.
A Cornigliano l'imponenza delle acciaierie.
Sestri Ponente, stretta in una morsa tra aeroporto e cantieri.

La diga da Pegli a Voltri, prova schiacciante.

Oltre quattro chilometri di blocchi di cemento posizionati ad un miglio dalla costa, a proteggerla principalmente dalla possibilità di un orizzonte sconfinato che, percorso tutto con lo sguardo, porta fino all'ombra della Corsica.
Evidentemente un richiamo troppo molesto.

Un gozzo lasciato a marcire oltre il cancello sgangherato di un giardino.
Ecco l'immagine che porterò via da Genova.

24 novembre 2010

[PIF] Elogio dell'Intifada

da Panorama
Quando non avremo caricato le nostre pistole,
e non ci saremo procurati né mitra né armi;

Quando i nostri proiettili
fatti di fischi, urla e tamburi
rimbalzeranno contro tute mimetiche e scudi di plastica;

Quando la carica improvvisa sorprenderà alcuni di noi;
e - accartocciati a terra - difenderemo gli organi vitali,
lasciando il resto del corpo in attesa delle manganellate,
disordinate ed incessanti;

Allora ci difenderemo con la nostra Terra.

Da Gaza a Terzigno,
da Teheran alle banlieues di Parigi,
strapperemo pietre al nostro suolo,
abbatteremo i nostri alberi, incendieremo le nostre strade,
distruggeremo con le nostre mani il nostro patrimonio.


Ma non vi lasceremo la soddisfazione
di privarci del nostro futuro.

21 novembre 2010

[QEV] Sopravvento

Nessuno lo chiede - lo so - eppure rispondo lo stesso.
Com'è che le storie che racconto quissù finiscono sempre per essere scabrose, i personaggi ispidi, il tono dimesso come un accordo in minore.

Corso minimo di orografia.
Prendiamo l'Adriatico.
C'è una costa, quella italiana, che è una spiaggia pressoché ininterrotta da Ostuni a Venezia ed un'altra, quella su cui affacciano i paesi slavi, rocciosa e frastagliata.
Questo è un effetto del fatto che l'Adriatico è esposto a vento da Nord / Nord-Est (la bora), che sposta le masse sabbiose da una riva all'altra.

Il posto dove sono nato, invece, è esposto ai venti da ponente.
La costa dove sono cresciuto costringe a contorsionismi da acrobata il bagnante.
Il Mare combatte contro la roccia cruda, la rosicchia, la impatta con violenza, solleva schizzi e rilascia salsedine.
La Roccia resiste, arretra, si scava, si sgretola, frana.

Fossi nato a Riccione scriverei romanzi Harmony, se capite quello che voglio dire...

18 novembre 2010

[VM] Filiottismo

Propongo una mozione al comune di Genova per la modifica dell' epitaffio del monumento a Cristoforo Colombo, riportato qui a fianco.

"Patria" è terra dei padri e "patriota" è chi in quella terra si installa da custode dei valori degli avi e da sentinella contro la loro sopraffazione.

Per questo non può essere patriota l'esploratore per antonomasia: perché se il vincolo verso la terra natale avesse prevalso, oggi non conosceremmo le Americhe.

Diverso è il discorso per i migranti partiti dal suolo natìo per contingenza.
In loro il senso patriottico si declina in una sorta di nostalgia, una frustrazione da distanza che li accomuna nella loro esperienza di "straniero".
Basti vedere la coesione delle comunità di italiani all'estero o di cinesi, marocchini, senegalesi, ecuadoregni in Italia.

Ma allo stesso tempo sempre in queste comunità è viva la volontà di costruire un futuro per se e per i propri figli nella terra di destinazione.

Sentivo il Presidente della Camera qualche giorno fa dire che:
"Da qualche tempo Patria non è più soltanto la terra dei padri".

E' vero.
Occorrerebbe rimodulare la Costituzione per garantire eguale spazio al sentimento di devozione verso i padri ed all'aspettativa di futuro verso i figli.
Occorrerebbe introdurre, assieme al Patriottismo, il principio del Filiottismo.

10 novembre 2010

[PIF] Posi-tana 4 - la giustizia

Maria si asciuga i capelli davanti allo specchio.
Con il phon acceso si ammira il fisico magro ed abbronzato.
Infila il piercing all'ombelico ed inizia una specie di strip con gli asciugamani.
"...la Demi Moore di Palinuro..." sussurra alla sua immagine riflessa.

Tra l'acqua ancora nelle orecchie
ed il rumore dell'asciugacapelli
impossibile che riesca a sentire le richieste di Antonio
dalla stanza affianco.

Impossibile finchè,
tre decibel sopra il rumore,
arriva l'urlo:
"Marì statte quieta!".

Faccia imbronciata,
asciugamani mezzo pendenti
zoccoli strascinati sul pavimento,
Maria si dirige nel soggiorno della casa di villeggiatura.

Antonio sdraiato mezzo morto sul divanoletto,
completamente pallido, suda freddo.

Più nessun rumore, adesso.
Solo la voce nasale e petulante
della giornalista del tg:

"Tragedia sfiorata a Positano, precisamente nella frazione collinare di Montepertuso.
(Immagini di reportorio di Positano)

A seguito di un violento temporale estivo il costone ha ceduto, provocando uno smottamento di dimensioni considerevoli.
La frana è scivolata per un ampio tratto di montagna, deviando poi verso un vallone disabitato, fino a riversarsi integralmente in mare.
(Riprese dall'elicottero della montagna con il solco scavato dalla frana.
Minuscole gocce davanti all'obiettivo della telecamera)

Secondo i geologi della protezione civile il terreno da cui ha avuto origine lo smottamento
era particolarmente a rischio, essendo stato interessato da un incendio doloso non più di un anno fa che ne aveva distrutto completamente la vegetazione.
(Immagini di repertorio di incendi in Costiera Amalfitana)

Un vero miracolo, secondo il sindaco di Positano,
il fatto che la frana abbia risparmiato non solo il centro del paese,
ma anche ogni altra unità catastale nei dintorni.
(Faccione del sindaco mentre rilascia dichiarazioni alla stampa)

L'accaduto riapre il tema del dissesto idreogeol"
(Brevissimo lampo bianco e poi schermo nero)

(Silenzio denso come l'umidità della notte nei boschi del Cilento)


"Volevamo la casa al mare.
E mo' là sta..."

7 novembre 2010

[PIF] Posi-tana 3 - la fatica

Mangio in piedi, Marì.
Diceva poverozio: "Quando si fatica, non s'adda fa fermà o'sangue".
E poi è una frittata di maccheroni, mica un astice all'acquapazza, no?

No, nemmeno due minuti.
Sennò va a finire che mi si asciuga lo stucco e lo devo solo buttare e rifare daccapo.
E poi tra poco inizia pure la partita del Napoli.

(vino dal collo della bottiglia a garganella,
ma con misura, senza ingordigia)

Ho fatto un conto, Marì.
Noi qua possiamo lavorare fino a fine aprile, metà maggio al massimo.
Poi vengono i turisti e i villeggianti e ci dobbiamo fermare, sennò rischiamo che chiamano i vigili e ci fanno mettere i sigilli.
Riuscendo a lavorare tutti i weekend dovrei completare i muri, stuccarli e potrei iniziare a mettere il pavimento, almeno in una stanza.

Oppure ci fermiamo un po' prima e con i soldi del pavimento ci facciamo quindici giorni a Palinuro ai primi di settembre.
Tanto prima di novembre qua non possiamo riprendere a lavorare.
Poi a novembre se ne parla di prendere le mattonelle...

Tu che ne dici?

Si 'a vita mia, Marì.
Mo metti a fare un bel caffè che ce lo prendiamo per brindisi.

...e dopo dai un po' d'acqua alla buganvillea, che sennò sfiorisce e finisce che si vede la casa dal satellite...

3 novembre 2010

[PIF] Posi-tana 2 - la premeditazione

Vabbè Marì, io ti guardo negli occhi ma tu stammi a sentire un minuto senza urlare.

E' vero, sono stato io ad appicciare il giardino di poverozio.
Ma erano le cinque e mezzo di sera e non c'era un filo di vento, non poteva succedere niente a nessuno.
E poi ho fatto pure la chiamata anonima ai pompieri, hanno spento tutto in un paio d'ore...
Anzi, sono rimasti in piedi pure un paio di aranci e limoni.
Ma non dovrebbero darci fastidio, lo spazio per farci uscire tre stanze dovremmo tenerlo.

No, Marì, invece io uso proprio il plurale.
Sei tu che dicevi che senza una casa non ci potevamo sposare.

Ma che ti pensavi che lo davano a noi il mutuo?
Al ragazzo dell'elettrauto pagato a nero e alla commessa part-time?
Ma che credevi?
Che il direttore della banca stava fuori alla porta ad aspettarci?

E poi, Marì... io da Sant'Antonio me ne voglio andare.
Non voglio passare il resto dei miei sabato sera a mangiare pizze e panuozzi in ristoranti pieni di camerieri sudati e bambini che urlano.
Io voglio di più, voglio uscire la sera d'estate in mezzo alla gente con le scarpe da barca e i vestiti di lino.
E pure tu, Marì.
Anche se mo' mi guardi risentita.

Io si e no lo conoscevo a poverozio.
Mi ricordo solo che al giardino sopra Positano ci teneva assai.
Però l'eredità è stato un terno al lotto, Marì.
Non possiamo sputarci sopra.

Poi se vuoi denunciarmi fai pure.
Però ricordati bene quello che ti dico:

Qua la vita è di chi se la piglia.