24 dicembre 2009

[QEV] Ad Ventum - IV


"...di questa Casa che profuma in ogni angolo
faremo il nostro simbolo..."

Quando stanotte sarà proclamata la genealogia di Gesù, sazio di cenone e brillo di vino e liquori, sbadiglierò e proverò tedio.
Eppure, se le mie orecchie fossero più allenate alla Parola, riconoscerei ogni singolo nome, sussulterei ad ogni declamazione, ricordando che a ciascuna di esse corrisponde un capitolo glorioso della storia di Israele.

Nel piccolo cammino di questo mese ho provato a riproporla ad ampissime spanne.
Abramo, Mosè, Giuseppe.
Patriarchi per tre diverse religioni.
Persone che non indugiano a staccarsi dal proprio contesto, da quanto guadagnato e costruito negli anni, sulla base di una Parola che gli è rivolta.
Evidentemente esiste un germoglio di levatura morale nella capacità di mettersi in cammino al momento opportuno, senza badare a quanto fino a quell'istante si è costruito e si rischia di perdere.

A questi tre nomadi ho voluto chiedere il significato della parola "Casa".
Per Abramo è Casa la Discendenza, il frutto del proprio seme giunto in tarda età e del quale è stata promessa sterminata estensione.
Per Mosè è Casa il Popolo, la Nazione che accompagna e accudisce nel deserto.
Per Giuseppe è Casa la Famiglia, le persone di cui riesce a farsi carico in maniera diretta.

Qualunque cosa significhi per voi "Casa":

a chi ha realizzato la sua Casa ed ora la custodisce con attenzione;
a chi la sta costruendo con sforzo;
a chi è stato chiamato a mettersi in marcia, abbandonando quanto costruito;
a chi - come me - mette i passi in fila, confidando che lo portino sulla via di Casa;
Sinceri auguri di Buon Natale e sereno 2010

20 dicembre 2009

[QEV] Ad ventum - III

Senza fissa dimora - Giuseppe


C'è una presenza che mi parla nel dormiveglia e mi rivolge sempre la stessa Parola:

"Prendi con te"

"Prendi con te Maria come sposa";
"Prendi con te tua moglie e tuo figlio; parti per l'Egitto";
"Prendili con te e torna a Nazareth".
Magari pensa che sia un carrettiere, di quelli che tirano su gente e li portano da una parte all'altra.

"Prendi con te"

E' un imperativo morbido, me ne accorgo dall'inflessione dalla Voce.
E' una richiesta di urgenza pressante, come si trattasse di un fatto cruciale per l'Umanità; eppure nella Voce mai traspare la volontà di impormi la scelta.

"Prendi con te"

Perfino le mie orecchie dure di falegname riconoscono le Parole rivolta a Mosè per donare l'acqua ad Israele nel deserto:

"Prendi con te alcuni anziani di Israele.
Prendi con te il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va."


Per questo seguo quelle Parole come la pialla segue la linea naturale del legno, senza sbavature, senza chiedere ricompensa né manifestare disagio per la mia condizione.

Nella luce dell'alba, superata questa notte prodigiosa, sparite le apparizioni celestiali, congedati i pastori adoranti, guardo la mia Sposa ed il Bambino sul suo grembo e realizzo che questa mangiatoia non è meno  Casa per me di quella in muratura costruita in gioventù a Nazareth.
La mia Casa mi è sempre accanto, perché è quanto riesco a Prendere con me.

13 dicembre 2009

[QEV] Ad ventum - II

Senza fissa dimora - Mosè


Mosè, che vuol dire "Salvato dalle acque".

Salvato dal Nilo, che inghiottì i neonati d'Israele ma per me fu via di salvezza.
Il Fiume che gli egizi venerano come un dio, gli impiantò in grembo il più grande rivoluzionario che abbiano conosciuto, il più potente profeta del Dio straniero.

Salvato dal Mar Rosso, docile a ritrarsi per consentire il nostro passaggio, lesto a richiudersi e travolgere l'armata del Faraone.

Salvato dall'acqua che zampilla per miracolo dalla roccia nel deserto, quando il popolo era già pronto a linciarmi e ad abbandonare il mio Dio.

Salvato pure - contro la mia volontà - dall'immergermi nell'acqua del Giordano, promessa a nostro padre Abramo ed a noi, sua discendenza.
Non mi sarà dato bagnarmi in quell'acqua verso la quale per quarant'anni ho condotto il mio Popolo.

Il compito di un padre è portare la figlia fino alla soglia della stanza nuziale.
Lì finisce il suo compito di guida, lì diventa ospite sgradito.

Così capiterà anche a me con questo Popolo che ho educato come un figlio.
E come un padre affogherò l'Amarezza del distacco con la consapevolezza della Gioia che lascio come mia Eredità.
Non altra eredità che questa, non altra Casa che Israele.

6 dicembre 2009

[QEV] Ad ventum - I

Con colpevole ritardo dovuto al periodo di migrazione che sto attraversando, intraprendo il percorso di avvento.
"Intraprendo il percorso", perché "avvento" non è attesa statica di qualcosa che deve accadere, bensì ricerca, moto verso di essa - "ad ventum", verso la venuta, per l'appunto.

Senza fissa dimora - Abramo


75 anni, di cui molti impiegati a risalire l'Eufrate, dal delta fin quasi alla sorgente.
75 anni, in testa alla carovana e scirocco sulle spalle.
Alla fine piantammo le tende in Siria, ad Haran.
Zona verde e lussureggiante, riposo dei cammelli e della membra.
A mio padre sembrò un buon posto in cui morire, a me parve quasi una nuova patria.
"LEKH LEKHAH"
Vai, vattene, per la tua strada.

Allora giù fino al Giordano e lungo di esso.
L'altopiano di Betel, il verde abbagliante, rigoglioso.
Ringrazio Iddio, offro sacrifici, innalzo un altare.
Staremo qui, qui costruirò la mia discendenza.
"LEKH LEKHAH"
Vai, vattene, per la tua strada

La carestia improvvisa, e allora di nuovo in marcia, stavolta verso l'Egitto.
La gloria di quel regno e l'abbondanza del Nilo.
I rapporti difficili con i funzionari ed il Faraone.
L'oltraggio a mia moglie, scelta come concubina.
"LEKH LEKHAH"
Vai, vattene, per la tua strada

E di nuovo indietro, poco più giù di Betel, al querceto di Mamre.
Segni, presagi, promesse, fino all'Alleanza.
Stavolta ci siamo.
"LEKH LEKHAH"
Vai, vattene, per la tua strada

Gherar, terra dei Filistei.
Sara, ormai avanti negli anni, sterile da sempre, miracolosamente incinta.
Isacco nato senza gemiti, con un sorriso.
Questa è la casa che ho cercato negli anni.
"LEKH LEKHAH"
Vai, vattene, per la tua strada

Alla sera siedo all'ingresso della tenda e stendo i piedi verso il fuoco.
Riconosco su di essi grani di sabbia di differenti deserti, fanghi di molti fiumi, piaghe scavate sui passi di montagna.

Non lascio in eredità castelli, palazzi o mura.
La mia Casa sono stati i miei piedi, essi saranno eredità per la mia discendenza.
Possa ricevere ognuno di loro gli stessi piedi, capaci di reagire prima del cuore e della mente quando il vento di "LEKH LEKHAH" soffia più forte.