QEV - TagList
29 gennaio 2008
[VM] VO2 MAX
10... 9... 8...
Nemmeno ho finito l'ultima bracciata, nemmeno ho alzato la testa dall'acqua, che già riparte il conto alla rovescia, cronometro di merda, 4 lancette e diecimila bestemmie...
7... 6...
Ma è normale che il cuore batte così forte e veloce?
Mi esplode nel torace, martella per le vene del collo, pulsa sulle braccia, scoppia fuori dagli occhi, dalle orecchie, dalle tempie...
5... 4...
Sto in piedi da cinque secondi, eppure non sento le gambe... dal bacino in giù è un blocco di marmo che dovrò trascinare anche la prossima vasca, una fatica mortale. E quanto più mi sforzerò per trascinarlo, tanto più i crampi sotto la pianta dei piedi, nei polpacci, al quadricipite stringeranno in un unico nodo muscoli e nervi, ordinandomi la resa.
3...
Avessi il fiato di lamentarmi o di ribellarmi, lo farei.
E invece respiro cortissimo, mi aggrappo all'aria con foga disperata.
2... 1...
E' il momento di cancellare tutto questo.
E' il momento di non aver paura del dolore che sicuramente arriverà.
E' il momento di concentrarsi in maniera TOTALE per combattere la voglia di mandare tutto al diavolo, prendere un po' di fiato, rilassare un istante i muscoli.
E' il momento di ANDARE, perché i prossimi 100 metri - avventura solo apparentemente identica a tutti i precedenti e seguenti, in realtà enormemente dissimile, ma questo posso saperlo solo io -... beh i prossimi 100 metri sono miei, mi spettano, e quindi adesso parto e me li vado a prendere, a guadagnare.
Via...
15 gennaio 2008
[VM] Solidarietà incongrua
Non serve la laurea, bastano un paio di lezioni di analisi e geometria, quelle di inizio corso.
Per essere CONGRUE due entità devono essere in qualche modo accumunabili tra loro.
Poi possiamo introdurre dei distinguo, parlare di relazioni di equivalenza, di trasformazioni isometriche, di aritmetica modulare, di quel che ci pare.
Ma sempre due entità CONGRUE saranno in qualche modo accumunabili tra loro.
Questo avevano scritto i 67 professori dell'università "La Sapienza" al proprio rettore: la lectio magistralis di Papa Benedetto XVI sarebbe stata un evento INCONGRUO con l'inaugurazione dell'anno accademico della loro università.
Ovvero: non c'è relazione tra una lezione di alta teologia - materia che, come riporta il prof Cini, da secoli non è oggetto di insegnamento nell'università pubblica italiana - e l'inizio dell'anno accademico, momento in cui si fa il computo dei traguardi raggiunti e si traccia la rotta per gli obiettivi futuri; sono due cose non accumunabili tra loro.
Un triangolo è INCONGRUO da un quadrato, senza con ciò asserire che l'uno è più bello, più giusto o preferibile in alcun modo all'altro.
Una volta un professore universitario - piccato per la riduzione delle ore di lezione dovuta al cosiddetto "nuovo ordinamento" - ci spiegò la differenza tra un insegnante ed un professore: il primo insegna, il secondo professa.
Figurarsi se 67 suoi colleghi usavano a casaccio una parola, peraltro così importante e significativa!
Ma c'è anche un altro termine che ultimamente sento spesso e che mi lascia inquieto: solidarietà.
Tutti testimoniano solidarietà.
A Mastella, a Berlusconi, al Papa.
Solidarietà ha la sua radice in "solidus" e dovrebbe indicare appunto l'atto di rendere stabile, non vacillante.
Mi sembra che nessuno dei suddetti abbia di questi problemi (neanche Mastella, mi ripeto...).
Inizio a pensare che si esprime solidarietà non per puntellare la posizione dell'altro, ma per cercare di far sentire - tra le urla generali - la propria.
Questa è una "solidarietà" che nulla ha a che fare con il suo reale significato.
Questa è solidarietà incongrua.
Per essere CONGRUE due entità devono essere in qualche modo accumunabili tra loro.
Poi possiamo introdurre dei distinguo, parlare di relazioni di equivalenza, di trasformazioni isometriche, di aritmetica modulare, di quel che ci pare.
Ma sempre due entità CONGRUE saranno in qualche modo accumunabili tra loro.
Questo avevano scritto i 67 professori dell'università "La Sapienza" al proprio rettore: la lectio magistralis di Papa Benedetto XVI sarebbe stata un evento INCONGRUO con l'inaugurazione dell'anno accademico della loro università.
Ovvero: non c'è relazione tra una lezione di alta teologia - materia che, come riporta il prof Cini, da secoli non è oggetto di insegnamento nell'università pubblica italiana - e l'inizio dell'anno accademico, momento in cui si fa il computo dei traguardi raggiunti e si traccia la rotta per gli obiettivi futuri; sono due cose non accumunabili tra loro.
Un triangolo è INCONGRUO da un quadrato, senza con ciò asserire che l'uno è più bello, più giusto o preferibile in alcun modo all'altro.
Una volta un professore universitario - piccato per la riduzione delle ore di lezione dovuta al cosiddetto "nuovo ordinamento" - ci spiegò la differenza tra un insegnante ed un professore: il primo insegna, il secondo professa.
Figurarsi se 67 suoi colleghi usavano a casaccio una parola, peraltro così importante e significativa!
Ma c'è anche un altro termine che ultimamente sento spesso e che mi lascia inquieto: solidarietà.
Tutti testimoniano solidarietà.
A Mastella, a Berlusconi, al Papa.
Solidarietà ha la sua radice in "solidus" e dovrebbe indicare appunto l'atto di rendere stabile, non vacillante.
Mi sembra che nessuno dei suddetti abbia di questi problemi (neanche Mastella, mi ripeto...).
Inizio a pensare che si esprime solidarietà non per puntellare la posizione dell'altro, ma per cercare di far sentire - tra le urla generali - la propria.
Questa è una "solidarietà" che nulla ha a che fare con il suo reale significato.
Questa è solidarietà incongrua.
13 gennaio 2008
[WV] CineColor
Nelle feste natalizie, complice l'influenza, ho fatto una vera scorpacciata di cinema, attingendo al filone demenziale (Natale in crociera, Vita smeralda), alla commedia italiana (Il 7 e l'8, Mi fido di te), al thriller(The interpreter), al cinema d'azione (Training day), fino al genere drammatico/esistenziale(La cena per farli conoscere, Uno su due, Cento chiodi, La ricerca della felicità).
Senz'altro ne ho visti di molto coinvolgenti - non potrebbe essere altrimenti, con attori del calibro di Denzel Washington ed Ethan Hawk in Training day, e di Nicole Kidman e Sean Penn diretti da Sidney Pollack in The interpreter...
Senz'altro Cento chiodi e La ricerca della felicità offrono grandi spunti di riflessione.
Eppure è come se nessuno di essi mi avesse soddisfatto completamente.
Così sabato sera - pioggia, spazzatura e luminarie intermittenti - mi sono fiondato al cinema a vedere Bianco e Nero di Cristina Comencini con Fabio Volo, Ambra Angiolini, Aissa Maiga.
Più ci rifletto su, più realizzo che è un ottimo film.
La storia ruota intorno all'adulterio (cfr. [QEV] Tradimento ed adulterio) consumato da Carlo (Fabio Volo) e Nadine (Aissa Maiga) nei confronti dei rispettivi coniugi, Elena (Ambra Angiolini) e Bertrand (Eriq Ebouaney).
Il tema dell'adulterio - sviluppato in maniera originale, e non aggiungo altro per non rovinare la visione a nessuno - si intreccia con una riflessione straordinariamente lucida e per nulla ipocrita - è questa la rarità - sul razzismo.
Elena lavora in un'associazione umanitaria che chiede aiuto per l'Africa; ma lo fa con l'atteggiamento subdolo di chi deve farsi perdonare l'avere in casa la cameriera nera col grembiule bianco.
(Per qualcuno questa figura presente nel film è anacronistica... per me è una chiara citazione - si pensi, ad esempio, a Mami di Via col vento - che però ben raffigura il folto stuolo di filippine, polacche, ucraine, che operano mansioni similari ai giorni nostri).
Nadine è un'africana emancipata che lavora all'ambasciata del Senegal, altrettanto stufa dell'ipocrisia dei bianchi e di "sentire parlare dell'Africa che muore di fame".
Chi di loro è razzista?
E' razzista chi chiama l'altro bianco o nero o negro o di colore?
Riportando un commento di Skarabeo su di un post passato: "Allora qui la questione diventa un altra....sei sincero???.....o mi prendi per il culo????"
Cosa è il razzismo? Un atteggiamento, una parola, uno stato d'animo?
E' forse più razzista chi si fa vanto apertamente di essere superiore alle altre genti rispetto a chi si rivolge loro ostentando disponibilità ed amorevolezza, ma considerandoli in cuor suo tutti indistintamente sfortunati per nascita?
Esiste una razza o un continente "meno fortunato" o esistono persone di qualunque etnia e popolazione che vivono in maniera meno agiata?
L'unica risposta che mi sento di dare è una battuta del film: "Nella vita non è tutto bianco o nero... esistono le sfumature".
Senz'altro ne ho visti di molto coinvolgenti - non potrebbe essere altrimenti, con attori del calibro di Denzel Washington ed Ethan Hawk in Training day, e di Nicole Kidman e Sean Penn diretti da Sidney Pollack in The interpreter...
Senz'altro Cento chiodi e La ricerca della felicità offrono grandi spunti di riflessione.
Eppure è come se nessuno di essi mi avesse soddisfatto completamente.
Così sabato sera - pioggia, spazzatura e luminarie intermittenti - mi sono fiondato al cinema a vedere Bianco e Nero di Cristina Comencini con Fabio Volo, Ambra Angiolini, Aissa Maiga.
Più ci rifletto su, più realizzo che è un ottimo film.
La storia ruota intorno all'adulterio (cfr. [QEV] Tradimento ed adulterio) consumato da Carlo (Fabio Volo) e Nadine (Aissa Maiga) nei confronti dei rispettivi coniugi, Elena (Ambra Angiolini) e Bertrand (Eriq Ebouaney).
Il tema dell'adulterio - sviluppato in maniera originale, e non aggiungo altro per non rovinare la visione a nessuno - si intreccia con una riflessione straordinariamente lucida e per nulla ipocrita - è questa la rarità - sul razzismo.
Elena lavora in un'associazione umanitaria che chiede aiuto per l'Africa; ma lo fa con l'atteggiamento subdolo di chi deve farsi perdonare l'avere in casa la cameriera nera col grembiule bianco.
(Per qualcuno questa figura presente nel film è anacronistica... per me è una chiara citazione - si pensi, ad esempio, a Mami di Via col vento - che però ben raffigura il folto stuolo di filippine, polacche, ucraine, che operano mansioni similari ai giorni nostri).
Nadine è un'africana emancipata che lavora all'ambasciata del Senegal, altrettanto stufa dell'ipocrisia dei bianchi e di "sentire parlare dell'Africa che muore di fame".
Chi di loro è razzista?
E' razzista chi chiama l'altro bianco o nero o negro o di colore?
Riportando un commento di Skarabeo su di un post passato: "Allora qui la questione diventa un altra....sei sincero???.....o mi prendi per il culo????"
Cosa è il razzismo? Un atteggiamento, una parola, uno stato d'animo?
E' forse più razzista chi si fa vanto apertamente di essere superiore alle altre genti rispetto a chi si rivolge loro ostentando disponibilità ed amorevolezza, ma considerandoli in cuor suo tutti indistintamente sfortunati per nascita?
Esiste una razza o un continente "meno fortunato" o esistono persone di qualunque etnia e popolazione che vivono in maniera meno agiata?
L'unica risposta che mi sento di dare è una battuta del film: "Nella vita non è tutto bianco o nero... esistono le sfumature".
10 gennaio 2008
[VM] Il fotografo a parole
Terza liceo ed anarchia.
Mi ricordo di un professore di italiano vecchio e rimbambito, vestito in maniera indecente.
Ci si alzava in gruppi di 5/6 persone alla volta per andare in bagno contemporaneamente e poi si passava il resto dell'ora a chiacchierare nei corridoi o a prendere il sole nella cosiddetta palestra, in realtà porticato decadente.
Chi restava in classe era impegnato a cacciare urla a gran voce, versi di animali o nomi di mamme e sorelle altrui.
Di tanto in tanto dall'uscio volavano gessi,cassini o palle di carta igienica inzuppate d'acqua.
Intanto il professore a testa bassa, ignorando tutto ciò, scandiva versi come un automa.
...eppure, a rileggerli oggi, non sembrano così distanti Dante e Boccaccio...
A fine anno c'eravamo stancati anche di insultarci e c'eravamo attrezzati diversamente: chi portava la radio, chi studiava per le ore successive...
Giulio era un ragazzo alto e silenzioso.
Alcuni lo definivano "introverso", ma credo che intendessero piuttosto "riservato".
Mente geniale e poca voglia di studiare.
Lui nelle ore di letteratura faceva letteratura.
Un giorno mi passò il libretto che leggeva sottobanco: "Un Messico Napoletano" di Peppe Lanzetta.
La scena in questione era una descrizione particolareggiata ed eccitantissima (...figurarsi per un quindicenne...) di un rapporto lesbico tra la protagonista del libro e la sua migliore amica.
Il libro fece il giro della classe in un istante.
Alla fine Giulio lo riebbe e, incurante del vocìo generale, riprese la sua lettura dal capitolo successivo.
Qualche mese dopo in libreria trovai quel libro e lo acquistai.
Rimasi stregato.
Frasi taglienti come spade, un punto ogni quattro parole.
Uno Scorsese, un Tarantino della penna che non esita a mischiare sacro e profano, che usa citazioni alte e turpiloquio insieme.
Se non fosse che non è con il cinema la metafora più azzeccata...
lo direi piuttosto un "fotografo a parole".
Poi acquistai "Figli di un Bronx minore" e via via tutti gli altri libri, addentrandomi nelle viscere di Napoli, conoscendo e riconoscendo un'umanità disperata e pulsante, disgraziata e follemente viva.
Eppure li ho dovuti leggere tutti per spiegarmi il motivo della passione di Giulio per questo autore.
Qualche sera fa ho concluso la lettura di "Un amore a termine".
Riporto qui qualche estratto in cui si descrive Positano: mai una parola ridondante, mai un vocabolo che non porti con se una parte dell'essenza di ciò che è descritto.
Sono sicuro che questo ha acceso Giulio alla lettura di Lanzetta, come sono sicuro che di notte se ne sta seduto sulla sua lapide, affacciato sulla sua Positano, ripassando mentalmente queste pagine.
Mi ricordo di un professore di italiano vecchio e rimbambito, vestito in maniera indecente.
Ci si alzava in gruppi di 5/6 persone alla volta per andare in bagno contemporaneamente e poi si passava il resto dell'ora a chiacchierare nei corridoi o a prendere il sole nella cosiddetta palestra, in realtà porticato decadente.
Chi restava in classe era impegnato a cacciare urla a gran voce, versi di animali o nomi di mamme e sorelle altrui.
Di tanto in tanto dall'uscio volavano gessi,cassini o palle di carta igienica inzuppate d'acqua.
Intanto il professore a testa bassa, ignorando tutto ciò, scandiva versi come un automa.
...eppure, a rileggerli oggi, non sembrano così distanti Dante e Boccaccio...
A fine anno c'eravamo stancati anche di insultarci e c'eravamo attrezzati diversamente: chi portava la radio, chi studiava per le ore successive...
Giulio era un ragazzo alto e silenzioso.
Alcuni lo definivano "introverso", ma credo che intendessero piuttosto "riservato".
Mente geniale e poca voglia di studiare.
Lui nelle ore di letteratura faceva letteratura.
Un giorno mi passò il libretto che leggeva sottobanco: "Un Messico Napoletano" di Peppe Lanzetta.
La scena in questione era una descrizione particolareggiata ed eccitantissima (...figurarsi per un quindicenne...) di un rapporto lesbico tra la protagonista del libro e la sua migliore amica.
Il libro fece il giro della classe in un istante.
Alla fine Giulio lo riebbe e, incurante del vocìo generale, riprese la sua lettura dal capitolo successivo.
Qualche mese dopo in libreria trovai quel libro e lo acquistai.
Rimasi stregato.
Frasi taglienti come spade, un punto ogni quattro parole.
Uno Scorsese, un Tarantino della penna che non esita a mischiare sacro e profano, che usa citazioni alte e turpiloquio insieme.
Se non fosse che non è con il cinema la metafora più azzeccata...
lo direi piuttosto un "fotografo a parole".
Poi acquistai "Figli di un Bronx minore" e via via tutti gli altri libri, addentrandomi nelle viscere di Napoli, conoscendo e riconoscendo un'umanità disperata e pulsante, disgraziata e follemente viva.
Eppure li ho dovuti leggere tutti per spiegarmi il motivo della passione di Giulio per questo autore.
Qualche sera fa ho concluso la lettura di "Un amore a termine".
Riporto qui qualche estratto in cui si descrive Positano: mai una parola ridondante, mai un vocabolo che non porti con se una parte dell'essenza di ciò che è descritto.
Sono sicuro che questo ha acceso Giulio alla lettura di Lanzetta, come sono sicuro che di notte se ne sta seduto sulla sua lapide, affacciato sulla sua Positano, ripassando mentalmente queste pagine.
Positano era stato il posto che più di ogni altro aveva "marchiato" gli anni tremendi di Johnny, gli anni affannati di sesso e bugie e irriverenze.
Era stato il posto dove aveva portato le sue donne, che fosse innamorato o meno.
(...)
Johnny ci andava spesso d'inverno e dal sagrato della chiesa si fermava a guardare il mare,
Ogni occasione era buona per scappare a Positano, ogni notte tranquilla meritava di finire a Positano...
(...)
Non aveva la macchina allora Johnny ed elemosinava passaggi in fiat ottoecinquanta o in vecchie cinquencento che per arrivarci ci mettevano una vita.
Ma l'importante per lui era arrivarci.
Alla peggio c'era il pullman della SITA, orari sballati e poi di notte te lo sognavi, e allora meglio un autostop da Meta di Sorrento.
(...)
Comprava pantaloni bianchi allacciati alla schiena, lanciati da Brunella, la boutique più in di Positano.
Quando aveva voglia di starsene da solo se ne andava alla spiaggia di Furnillo dove una sera si appartò con una ballerina del Teatro San Carlo.
Lui era pazzoinnamorato di lei, lei aveva molta simpatia per lui.
Era stato il posto dove aveva portato le sue donne, che fosse innamorato o meno.
(...)
Johnny ci andava spesso d'inverno e dal sagrato della chiesa si fermava a guardare il mare,
Ogni occasione era buona per scappare a Positano, ogni notte tranquilla meritava di finire a Positano...
(...)
Non aveva la macchina allora Johnny ed elemosinava passaggi in fiat ottoecinquanta o in vecchie cinquencento che per arrivarci ci mettevano una vita.
Ma l'importante per lui era arrivarci.
Alla peggio c'era il pullman della SITA, orari sballati e poi di notte te lo sognavi, e allora meglio un autostop da Meta di Sorrento.
(...)
Comprava pantaloni bianchi allacciati alla schiena, lanciati da Brunella, la boutique più in di Positano.
Quando aveva voglia di starsene da solo se ne andava alla spiaggia di Furnillo dove una sera si appartò con una ballerina del Teatro San Carlo.
Lui era pazzoinnamorato di lei, lei aveva molta simpatia per lui.
9 gennaio 2008
[VM] Pro-memoria
10 cose da rifare (in ordine sparso):
- Nuotare a Puolo d'estate all'alba
- In canoa alle piscine naturali di Punta Scutolo (come erano la prima volta che ci misi piede... :-( )
- Una passeggiata in vespa in costiera, e magari fermarsi a Minori a mangiare la "ricotta e pera" di de Riso ;-)
- Vedere l'alba da un rifugio sul Gran Paradiso
- Issare spinnaker con più di 30 nodi di vento, e magari riuscire anche ad ammainarlo (...almeno una volta!!!)
- Mangiare i mandarini nell'ora di educazione fisica al liceo
- Lo stato d'animo in cui ti mette Rondinara al tramonto
- Il bagno naturista sugli scogli di Jerolim
- L'imitazione di don Pasquale al centro parrocchiale di Piano
- La prima volta in un angolo di paradiso - inteso come "Tornare vergine e rifarlo per la prima volta nella stessa caletta con lo stesso mare calmo e la stessa luna gigante" (...un po' difficile mi sa :-( )
Il mio primo Spinnaker scoppiato, Caprera, un po' di anni fa
6 gennaio 2008
[QEV] I Magi
Qualche giorno fa l'Arcivescovo di Canterbury, la carica più alta della chiesa anglicana, ha rilasciato questa intervista alla BBC, in cui sconfessa alcune credenze popolari natalizie molto diffuse, in nome di una maggiore aderenza ai Testi Evangelici.
In particolare l'arcivescovo sottolinea che nei racconti canonici della Natività non c'è nessuna traccia del bue e dell'asinello o di nevicate straordinarie. Inoltre il Vangelo di Matteo, l'unico a citare espressamente l'adorazione dei Magi, non annota nè i nomi nè il numero degli adoranti.
Da un punto di vista dottrinale il discorso è formalmente corretto.
Nel mio piccolo, però, mi permetto di eccepire che da un leader spirituale mi aspetterei una lettura dei Vangeli che non sia così burocratica e cavillosa.
E' vero, non sappiamo nè quanti erano nè da dove venivano i Magi.
Non sappiamo nemmeno se fossero venuti insieme o ognuno per conto suo.
Proprio per questo io immagino le loro notti, sui terrazzi delle regge di Siria o accampati nei deserti dell'Iran, a testa in su, a scrutare il cielo ad occhio nudo, alla ricerca di un segno in cui confidavano ma di cui non avevano alcuna certezza.
Avverto con loro il peso della stanchezza ed il grande sforzo per restare svegli;
percepisco l'ansia e le palpitazioni che seguono un appisolamento improvviso;
ascolto i dubbi che li attraversavano in quelle notti vuote ed interminabili:
"E se stessi cercando dalla parte sbagliata?... e se fosse già sorta la Stella in una notte nuvolosa? e se non avessi capito nulla della profezia?..."
Quanti potenziali Magi avranno gettato la spugna? Quanti avranno optato per un sonno comodo e quieto?
Finchè, in una notte come tante altre, un sussulto accomuna queste sentinelle sparpagliate per il Medio Oriente e le mette in moto, animate da una Grande Speranza.
Così - nella mia immaginazione - ognuno di loro, singolarmente, intraprende il suo personale cammino - chilometri e chilometri, montagne e deserti, notti di luna piena e notti di nubi, notti di Speranza e notti di Sconforto.
Fino ad arrivare a Gerusalemme, la Città Santa, dove ciascuno incontra persone che avevano avuto la stessa percezione, sentinelle che avevano atteso - inconsapevolmente insieme - lo stesso evento. Così che questa Condivisione, questa Comunione che si realizza, vince definitivamente ogni Dubbio e cancella ogni Sconforto, e rende ancor più spediti nel procedere.
E poi, finalmente, a Betlemme di Giudea, per "adorare", verbo meraviglioso, letteralmente "portare alla bocca"...
Un pellegrinaggio, un esodo, una vita spesa per dare un bacio.
Io leggo queste e molte, moltissime altre suggestioni nella storia NON raccontata dei Magi... chissà che un giorno non riesca a leggerla anche l'eminentissimo arcivescovo...
5 gennaio 2008
[WV] La Virata
5 gennaio e tre allenamenti di nuoto sulle spalle dall'inizio del nuovo anno.
"Sulle spalle" nel senso che è li che sento addensarsi la fatica.
Più che di una ripresa si tratta di una riabilitazione al nuoto, complici anche i sette giorni di influenza pre-natalizia che hanno del tutto cancellato qualche parvenza di fascia muscolare coltivata faticosamente nei mesi precedenti.
Venti giorni di stop sono un'eternità per chi nuota, ti fanno maledire ad ogni bracciata di non aver scelto gli scacchi o la briscola.
Ed il demone che intravedi danzare nell'appannamento degli occhialini ha gioco facile ad urlare che non ce la farai, che l'allenamento che hai in mente è incompatibile con il tuo stato di forma, che servirebbero bracciate molto più potenti e gambate ad un ritmo che non puoi sostenere.
Serve concentrazione doppia per far tacere questa voce incessante e per cercare di preservare l'aspetto tecnico, inevitabilmente condizionato dallo stato di forma carente.
Ciò che invidio ai grandi campioni non sono nè i record nè la struttura fisica imponente.
Più di tutto gli invidio la naturalezza del gesto tecnico.
Di quelle che mille volte mi hanno fatto pensare: "Domani in piscina faccio anche io così, guarda com'è semplice!!"... e poi puntualmante è andata a finire che ho provato a farlo l'indomani, e il giorno dopo, e il successivo...
Ho trovato in una serie di passaggi di hard disk la registrazione della gara dei 200 stile libero delle Olimpiadi di Atene 2004.
Per gli appassionati di nuoto una vera abbuffata: Thorpe, Van Den Hoogenband, Phelps, Keller, Hackett, Say, Burnett e Brembilla... ad occhio, senza voler far di conto, una quarantina tra medaglie mondiali ed olimpiche ai blocchi di partenza.
Ci fossero state due corsie anche per Popov e Rosolino...
La gara è presto raccontata: Van Den Hoogenband (VDH per gli amici) sa di aver una sola possibilità per metter dietro gli altri: PARTIRE A CANNONE!
Ed è quello che fa, tanto da girare ai 100 metri più di un secondo sotto il record del mondo.
Thorpe e Phelps si tengono in scia, con facilità disarmante, considerato il ritmo folle dell'olandese.
Verso la fine dei 150 VDH ha un lieve accenno di flessione.
Thorpe lo coglie al volo e fa una cosa che chiamare Virata è riduttivo.
Per quanto mi riguarda è qualcosa di simile alla Cappella Sistina per Michelangelo, a "My Way" per Sinatra o al gol di Maradona contro l'Inghilterra nell'86.
VDH entra in virata affiancato a Thorpe, perfettamente in gara, seppur affaticato, ma quando esce - virata un po' corta ma per nulla drammatica la sua - ha la testa all'altezza DELLA SPALLA dell'australiano.
Cinquanta centimetri, nel nuoto un'immensità.
Lì non hai certo tempo per pensare, ma sono sicuro che l'olandese in una frazione di secondo si sarà chiesto nella sua lingua: "Ma come c... ha fatto?".
Si chiama Acquaticità, dote innata per la quale non esistono nè ormoni nè anabolizzanti.
Thorpe sa di averla, e vi attinge a piene mani nel momento più opportuno e più alto della sua carriera.
L'ultima vasca è di passerella, con l'olandese cancellato dal punto di vista morale e fisico e gli altri a rincorrere. Ne vien fuori un record olimpico che vale infinitamente di più di un record mondiale, per la dimostrazione schiacciante di superiorità.
Spero che anche chi non è fatto di nuoto come me possa apprezzare questo video...
"Sulle spalle" nel senso che è li che sento addensarsi la fatica.
Più che di una ripresa si tratta di una riabilitazione al nuoto, complici anche i sette giorni di influenza pre-natalizia che hanno del tutto cancellato qualche parvenza di fascia muscolare coltivata faticosamente nei mesi precedenti.
Venti giorni di stop sono un'eternità per chi nuota, ti fanno maledire ad ogni bracciata di non aver scelto gli scacchi o la briscola.
Ed il demone che intravedi danzare nell'appannamento degli occhialini ha gioco facile ad urlare che non ce la farai, che l'allenamento che hai in mente è incompatibile con il tuo stato di forma, che servirebbero bracciate molto più potenti e gambate ad un ritmo che non puoi sostenere.
Serve concentrazione doppia per far tacere questa voce incessante e per cercare di preservare l'aspetto tecnico, inevitabilmente condizionato dallo stato di forma carente.
Ciò che invidio ai grandi campioni non sono nè i record nè la struttura fisica imponente.
Più di tutto gli invidio la naturalezza del gesto tecnico.
Di quelle che mille volte mi hanno fatto pensare: "Domani in piscina faccio anche io così, guarda com'è semplice!!"... e poi puntualmante è andata a finire che ho provato a farlo l'indomani, e il giorno dopo, e il successivo...
Ho trovato in una serie di passaggi di hard disk la registrazione della gara dei 200 stile libero delle Olimpiadi di Atene 2004.
Per gli appassionati di nuoto una vera abbuffata: Thorpe, Van Den Hoogenband, Phelps, Keller, Hackett, Say, Burnett e Brembilla... ad occhio, senza voler far di conto, una quarantina tra medaglie mondiali ed olimpiche ai blocchi di partenza.
Ci fossero state due corsie anche per Popov e Rosolino...
La gara è presto raccontata: Van Den Hoogenband (VDH per gli amici) sa di aver una sola possibilità per metter dietro gli altri: PARTIRE A CANNONE!
Ed è quello che fa, tanto da girare ai 100 metri più di un secondo sotto il record del mondo.
Thorpe e Phelps si tengono in scia, con facilità disarmante, considerato il ritmo folle dell'olandese.
Verso la fine dei 150 VDH ha un lieve accenno di flessione.
Thorpe lo coglie al volo e fa una cosa che chiamare Virata è riduttivo.
Per quanto mi riguarda è qualcosa di simile alla Cappella Sistina per Michelangelo, a "My Way" per Sinatra o al gol di Maradona contro l'Inghilterra nell'86.
VDH entra in virata affiancato a Thorpe, perfettamente in gara, seppur affaticato, ma quando esce - virata un po' corta ma per nulla drammatica la sua - ha la testa all'altezza DELLA SPALLA dell'australiano.
Cinquanta centimetri, nel nuoto un'immensità.
Lì non hai certo tempo per pensare, ma sono sicuro che l'olandese in una frazione di secondo si sarà chiesto nella sua lingua: "Ma come c... ha fatto?".
Si chiama Acquaticità, dote innata per la quale non esistono nè ormoni nè anabolizzanti.
Thorpe sa di averla, e vi attinge a piene mani nel momento più opportuno e più alto della sua carriera.
L'ultima vasca è di passerella, con l'olandese cancellato dal punto di vista morale e fisico e gli altri a rincorrere. Ne vien fuori un record olimpico che vale infinitamente di più di un record mondiale, per la dimostrazione schiacciante di superiorità.
Spero che anche chi non è fatto di nuoto come me possa apprezzare questo video...
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