Non me lo dice, il dottore, ma lo fa capire uguale.
Messo alle strette impugna le percentuali - ma qui si tratta di un figlio che nasce, non di eleggere il sindaco del paese.
Tu che sei sotto la pancia, che mangi se io mangio, che dormi se io dormo, che batti se io batto, beh... sappi che sei storto.
Nascerai storto, ereditando naturalmente da una mamma storta, perdipiù incapace ed insofferente a relazioni "dritte".
Eppure questo ti rende più bello ai miei occhi, come qualcosa di inconfutabilmente mio.
La mia di mamma, invece, china la testa sul lavoro a maglia - uno storto maglione celeste - per evitare di incrociare il mio sguardo.
Vive la mia condizione come una pena da espiare, come una vergogna verso la quale ostentare indifferenza per cercare di sopire le chiacchiere di paese - ottenendo ovviamente l'effetto contrario.
Perfino dell'incombenza della severità ha deciso di disfarsi, affidandola alla foto del babbo che da un mese troneggia sulla mensola all'ingresso.
Né io né tu le faremo cambiare idea, resteremo per lei entità estranee e misteriose.
Ma anche questo ci unirà più forte.
Carmine ci vuole sposare.
Me e te.
Non vuole nemmeno sapere se tu sei suo o di Lorenzo (e se lo sapesse, chissà se vorrebbe sposarci ancora...)
Era affianco a noi, davanti al ginecologo, sudato e balbuziente.
Prima di entrare mi ha messo la mano ruvida sulla pancia e ha detto:
"Voi siete la mia casa"
E quando siamo usciti di nuovo, la stessa frase con lo stesso tono, come se il dottore nel frattempo avesse detto:
"E' forte, sano, ed ha gli occhi azzurri"
E questo - tu non puoi saperlo ancora - è molto.
Ma gli occhi azzurri meglio di no, che Lorenzo ce li ha uguali.
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