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"La ricchezza per un cristiano è da considerarsi un bene o un male?
E' una cosa ammissibile o andrebbe perseguito il pauperismo più stretto?
E qui mi riallaccio a vecchie discussioni sullo sfarzo delle Chiese, la ricchezza delle casse vaticane, i bimbi poveri che muoiono di fame, bla bla bla...
Pongo la domanda proprio ora, dopo essermi debitamente accertato che si è chiuso il ciclo di Vangeli domenicali dedicati all'argomento.
Cosa ne ho dedotto?
Che - a parer mio - nemmeno Gesù Cristo pensava che la ricchezza era un male; non in senso assoluto, almeno.
Lui sottolinea però un rischio connesso alla ricchezza più che a ogni altra realtà materiale: l'asservimento.
Perchè la ricchezza tende ad isolare dagli altri, innescando i meccanismi perversi dell'Avidità, ovvero la necessità del prendere, e dell'Avarizia, ovvero la difficoltà nel dare.
L'individuo si scava così una sorta di abisso intorno, impedendosi qualsiasi relazione costruttiva con gli altri: questo è ciò che va contro il Vangelo!
Ecco perchè "non si può servire Dio e il Denaro" (Lc 16,13)!!!
C'è di più.
Il termine "ricchezza" oggi ha una connotazione un po' diversa da quella di 2000 anni fa.
Allora misurava campi, capi di bestiame, schiavi e gioielli: una capra era una capra, non esistendo capre turbodiesel, nè con pezzatura griffata Alviero Martini.
Oggi invece la ricchezza ha a che fare con la quantità di consumi e con la qualità della vita.
Voglio dire che oggi la ricchezza non si persegue più soltanto per accumulo; esistono altri sistemi: arrampicamento sociale, carrierismo, speculazioni, etc.
Se davvero la Chiesa si sforzasse di "Dire Dio all'uomo, oggi", questo dovrebbe dire in ogni piazza, in ogni omelia, davanti ad ogni platea:
Nessuno dei sistemi suddetti è compatibile con il culto di Dio.
Basterebbe avere credibilità nel dirlo...
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