E' proprio che dopo l'allenamento di nuoto, tornando a casa con una fame da lupo, la tv, peraltro malfunzionante, per me resta solo un (orribile) oggetto di arredamento.
Ieri però ho fatto un'eccezione: spinto da una vecchia passione liceale per Dante, ho deciso di raggiungere Benigni proprio quando già si trovava al cospetto di Minosse.
Straordinario che in questa tv, trionfo dell'ignavia dei tronisti, mercato impudico di dolori ed emozioni, vetrina dei particolari più macabri e lugubri degli episodi di cronaca nera, moto ondivago di parole a vanvera, proferite non perché qualcuno le ascolti, ma per il bieco piacere di proferirle... beh in questa tv c'è spazio in prima serata per la poesia di Dante.
Allora ogni singola parola riconquista il suo peso specifico, è densa di significato, ha un sapore ed un suono, definito e definitivo.
"Quando Dante usa
"...e allora Dante sviene, anzi
E così via...
Benigni quando parla di Dante ha una marcia in più perfino di Gassman, perché sente l'autore vicino e riconosce l'opera come propria.
Ma sarebbe ben inutile e poco appropriato che io scrivessi un post per complimentarmi con lui, non avendo alcun titolo per farlo.
Dunque concentro la mia attenzione su un episodio che mi ha fatto sobbalzare sul divano.
A un certo punto, nel commentare la celeberrima
Strano che si rifaccia per un verso così noto a un brano tutto sommato poco conosciuto.
Peraltro non è neppure una guarigione particolarmente spettacolare, considerando che nel Vangelo di Marco immediatamente dopo segue la resurrezione (!) della figlia di Giairo...
A discuterne con gli esegeti, questo brano presenta diverse suggestioni: Cristo indossa un mantello con frangia, in ottemperanza a quanto prescritto nella Torah, il che permette diverse congetture sull'aderenza alla tradizione ebraica di Cristo.
Inoltre, sempre secondo la Torah, la donna mestruata è da considerarsi immonda e "contamina" tutto ciò che tocca. Che cosa succede allora quando tocca Cristo?
Ed ancora, perché il redattore del Vangelo di Marco, molto morigerato nel delineare la figura di Cristo negli altri passaggi (si parla infatti di "segreto messianico"), in questa occasione ne fa quasi un supereroe da fumetto, che "avverte la potenza che era uscita da Lui"?
Domande tutte stimolanti e meritevoli di approfondimento, ma che alla fine rischiano di far perdere di vista il cuore del passo.
Benigni, come un ciclone, spazza via tutte queste nubi e va dritto al punto.
La donna è guarita dalla fede, dall'amore che lei prova in quel momento.
Poiché lei ama, è riamata a sua volta e dunque guarita.
Semplice, conciso, lapidario.
La Chiesa avrebbe moltissimo da imparare da questo.
Il messaggio sublime e sconvolgente di Cristo non va ricondotto sempre e forzatamente ad una dottrina. I Vangeli brillano di luce propria e mostrano perfettamente le via, senza alcun bisogno di impegolarsi in altre lambiccazioni mentali.
D'altronde, come diceva Gesù stesso, la Buona Novella è per persone semplici, è intellegibile anche ai bambini.
Anzi: