Niente di più
seccante che attendere ad oltranza un compagno di allenamento, vedendo sfumare con i minuti che passano l'opportunità preziosa di nuotare.
Niente di più
liberatorio che tirare su le poche cose che servono - costume, occhialini e poco altro -, cacciare tutto nel sacchetto che in estate funge da borsa ed andare in piscina,
solo, staccato da tutto e da tutti.
Niente di più
refrigerante dell'entrata del tuffo -
brivido che corre lungo la schiena - nell'ora in cui la canicola allenta la morsa ed il sole abbassa i suoi raggi.
Niente di più
regale del velo nuziale di schiuma che segue l'emersione durante la rana. Non posso vederlo ma so che c'è.
Niente di più
didattico dell'ombra stampata sul fondovasca, che mima ogni gesto e accentua ogni distrazione.
Niente di più
buffo delle facce assorte dei villeggianti che osservano questo metronomo di carne e fiato marcare vasche su vasche al ritmo esatto di venti bracciate ciascuna, come se fosse uno spettacolo cortesemente offerto dalla direzione del campeggio in cui la piscina si trova.
Niente di più
sorprendente che spingersi dal muro, girarsi sul dorso e scoprire, ancora un metro sott'acqua, che il cielo si è colorato di
Notte, senza Luna ma con grappoli di stelle brillanti dappertutto.
Niente di più
armonico dell'
antica orchestra di onde e respiro.
Niente di più di questo, e niente di più.