Ha suscitato un consistente eco mediatico in questa settimana la presunta guarigione avvenuta a Lourdes di una pellegrina di Frosinone malata di sclerosi multipla.
Non che sposi tutti i dettami di Santa Romana Chiesa - da alcuni di essi, invero, marco profondissima distanza - ma su un punto trovo totale accordo e perfino ammirazione: la diffidenza verso il Miracolo.
Deve essere una posizione difficile da sostenere, contro la logica corrente di spettacolarizzazione degli eventi e mercificazione e profitto.
Il Miracolo più di ogni altro evento mi fa paura, e mi guarderei bene dall'augurarlo.
Perchè Miracolo è punto esclamativo, senso obbligato sulla via della Fede.
Con buona pace del libero arbitrio.
Può un popolo rimanere scettico, mentre asciutto attraversa il Mar Rosso, in mezzo a due immense muraglie di acqua?
Può resistere il dubbio di Fede in chi ogni mattina per quarant'anni, in pieno deserto, trova manna sufficiente a nutrirsi?
Il Miracolo segna contestualmente la fine di ogni percorso interiore, è la casella del Monopoli che manda in prigione senza passare dal Via.
Forse per questo si legge nei Vangeli che Gesù Cristo, prima di ogni Miracolo, sonda la Fede di chi gli sta davanti (ad es. - uno su tutti - Mc 2,5): per non giocare con dadi truccati, per non trasformare la ricerca della Fede in obolo di riconoscenza.
Che Gloria ne ha Dio da una Fede coercitiva?
Quale Amato può costringere all'Amore?
Oppure, forse, ha ragione Lello, qui sotto: ci sono davvero Miracoli da 50 punti e da 100 punti.
C'è l'evento prodigioso e la percezione del continuo prodigio che ci circonda.
A quale dei due spetti punteggio maggiore, lascio a voi decidere.
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